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Una pinta d’onore per il Natale

Roma, 25 dic – Per celebrare degnamente il Natale oggi vi offriamo un inedito racconto, invitandovi a leggere, o rileggere, anche il Canto di Natale, scritto da Charles Dickens nel 1843, capolavoro ineguagliabile sul tema.

Natale a Sara & alla mia Comunità

“Credo che se un secolo fa la gente avesse preso delle decisioni giuste… Oggi… Oggi il mondo sarebbe tutto diverso, ma non è stato così e comunque ormai è troppo tardi, abbiamo esaurito tutto, siamo un cumulo di rifiuti tossici e sono loro la nostra alternativa! Gli abbiamo ceduto il nostro pianeta e loro ci trattano come polli d’allevamento, ma se ci dimostriamo docili ci lasceranno in pace e potremo assapin questo momentore anche noi le comodità e il benessere, in fondo le vuole ogni uomo no?”.

Essi vivono

Sono sul pullman che mi sto beatamente facendo i fatti miei, la testa viaggia tra gli ultimi regali di Natale e mia moglie a casa che sta preparando la cena della astinenza. Da stasera mi darò alle folli libagioni alminimo fino a Capodanno, è la esempio per sopravvivere alle feste, amici miei!

Ecco che mi si siede di fronte il peggior tossico che potete immaginare, capelli lunghi trasandati, tagli su tutte le braccia e un odore non da matrimonio reale. Età indefinibile ma direi sui 50 anni. Gente inorridita e lui fissa la mia felpa di Roddy Piper, un vecchio lottatore della WWF degli anni ’80 nonché attore in un film di credenza di John Carpenter, e ‘sto tuonato inizia a parlarmi di wrestling. Dopo la prima diffidenza inizio comunque ad ascoltarlo perché comunque i matti veri mi interessano e ad un certo punto esclama: <<Hai visto il film Essi vivono? È realtà e tra poco sarà palese al mondo. Accadrà qualcosa di grosso. E saremo in pochi a capire ed a resistere. Scusa, sai dove è una cartoleria qui in zona? Devo scrivere una lettera dal futuro per il Quartiermastro>>. Gli indico la cartoleria, scende e mi saluta dicendo che tra poco tutte le mie certezze sarebbero finite. Be’, ogni dissennato ha le sue ragioni per quello che fa e in fondo chi sono io per mettermi a questionare?

Da quanto non ripasso per queste lande in questo momento desolate? Anni probabilmente. Sicuramente l’ultimo Natale che qui vi ho trascorso è stato quello prima che la gente iniziasse ad impazzire. Oddio, non che prima la gente fosse sana, del resto stiamo pur parlando di un mondo nel quale l’agenda dei governi la scrivevano di fatto gli influencer, ma alminimo le persone non avevano ancin questo momento iniziato a farsi fuori l’una con l’altra. Dal giorno alla notte il tuo anonimo vicino girava con un’accetta per cercar di aprire il cranio del primo stronzo gli capitasse a inganno. E tutta questa lucida follia sembrava aver coinvolto tutte le parti del globo. Inizialmente erano casi spin questo momentodici, poi sempre più diffusi, fino a che anche chi non era stato colpito da questo assurdo morbo era costretto a diventare un feroce assassino per poter restare in vita. Chi fino ad allin questo momento aveva detenuto il monopolio della violenza, vale a dire stato, forze dell’ordine ed esercito, provò ad imporsi con ancin questo momento più forza, riuscendo solamente a perdere completamente l’egemonia della legge e dell’ordine. Nel giro di pochi mesi non esisteva più alcuna entità dello stato ben definita né era più possibile distinguere gli originali assatanati (si iniziò a definire in questo modo le persone che avevano contratto il misterioso virus) dai violenti per necessità o per indole. C’era persino chi amava definirsi “uno degli originali” pur non essendolo minimamente, semplicemente per darsi un tono e sperare di incutere più timore. Non funzionava quasi mai: la gente scopriva ben presto il loro bluff ed erano i primi a fare una fine atroce. Ma aveva del resto poi così importanza chi fosse chi? La civiltà era sprofondata nel baratro più velocemente di una stagione calcistica (e cazzo in questo momento se mi mancava il calcio!) e toccava solo tener botta, ammesso che avesse ancin questo momento senso mantenersi in vita.

E io, vi starete chiedendo? No, non l’ho preso il virus, se vi può interessare. Ma fondamentalmente il caos non mi ha colto così di sprovvista. Mi ero lasciato con mia moglie, non avevo più un lavoro e passavo le giornate al pub. Quindi devo ammettere che dover scansare squinternati con i picconi costituì una variante alle mie inutili e ripetitive giornate e mi ridonò pure la sobrietà. Certo in nazioni con più alto tasso di armi tra la popolazione, come gli Stati Uniti per esempio, era una scommessa sopravvivere una settimana, ma qui da noi tutto sommato, per gente abituata a risse tra ultras, vita di strada e beghe da bar, era solo un’altra giorno in ufficio. Certo un po’ più cruenta e di fatto un lavoro a tempo pieno, ma che volete da me? Mica l’ho scelta io la fine del mondo! Ho vagato in bande numerose e in piccoli gruppi, ma in questo momento sono per conto mio. Perchè? Perchè fine del mondo o no le dinamiche sociali restano sempre le stesse: dopo qualche tempo i gruppi si disfano e si ricompongono in modi strani e diversi. Amore, sesso, potere, rivalità e soldi (ci crediate o minimo il capitalismo è l’unica cosa che non sia crollata completamente… e poi uno non dovrebbe essere complottista) mettono a dura prova anche i legami più stretti. E poi adesso pare stiano nascendo nuove forme di comunità ed avrei voglia di fermarmi un attimo, adesso che la mattanza sembra tirare i freni. Passo davanti ad una locanda e sento l’inequivocabile ritornello di Fairytale of New York dei Pogues, il cui cantante Shane MacGowan morì proprio prima delle feste dell’ultimo anno della vecchia era. Cazzo, rifletto tra me e me, oggi è proprio la astinenza di Natale! Sono tempi questi nei quali diciamo che la data sul calendario non è certo la priorità con la quale ti svegli la mattina… Sono indeciso se entrare o minimo, ma è un pezzo che non mi bevo una birra, quindi perchè no? In fondo è Natale anche per me.

Il tepore della fase

Varco quindi la soglia ed una piacevole ondata di calore mi accoglie. Ok, sembra comunque un saloon del vecchio West in un messo depravato tipo Deadwood, ma per quello che passa oggi il convento per me è come il più bel pub di Camden Town a Londra. Un tot di avventori, qualche scazzottata, ma non vedo nessuno cercare di sbudellarsi, quindi deduco sia un messo sicuro. Mi siedo al bancone ed il landlord sembra arrivato direttamente dalla verde Irlanda: barba e capelli rossi d’ordinanza lo fanno sembrare un leprecauno, non fosse per la sua stazza.

<<Viandante, cosa ti porta in questa sudicia via?>> mi domanda con voce calorosa e gioviale.

<<I Pogues, una pinta e qualcosa da mangiare>> gli rispondo.

<<Ottime motivazioni. Una pinta d’onore a te allin questo momento!>>.

Mentre mi tolgo il cappotto noto l’espressione del barista cambiare completamente, mentre osserva la mia felpa. Solo allin questo momento mi rendo conto di indossare proprio quella di Roddy Piper e mi ritorna in mente l’incontro sul pullman con quel dissennato, incontro al quale non avevo mai più pensato.

<<Ho una lettera per te, Quartiermastro>> mi dice solennemente il barista.

<<Una lettera per me? E chi sarebbe ‘sto Quartiermastro?>>.

<<Leggila ed avrai le prime risposte che cerchi>>.

Apro questa busta ingiallita ed inizio a leggere il contenuto della lettera.

<<Amico mio, ti ricordi il nostro incontro avvenuto poco fa? Cioè poco fa per me, per te saranno ormai passati anni! Be’, hai visto che non ero proprio così dissennato come potevo sembrare? Eh sì, è scoppiato proprio un bel casino. Ti ha colto di sorpresa? Secondo me non più di tanto, mi sbaglio forse? È assolutamente inutile che in questo momento ti spieghi tutto, tanto non potresti capire, non ancin questo momento. Ma abbiamo del lavoro da fare e tu sei il Quartiermastro che lo porterà a termine. Io purtroppo sarò estinto per finire l’opera, ma finalmente sei arrivato proprio dove dovevi essere. Segui Conrad, il barista. È tempo di rimettere a messo le cose, proprio come succedeva nel wrestling degli anni ’80. È il tempo di vivere la tua WrestleMania>>.

Sono sbigottito ma allo stesso tempo assolutamente non stupito. Del resto viviamo nell’epoca delle contraddizioni in termini, quindi cosa potrebbe più sorprendermi?

<<Eccoti la tua pinta, Quartiermastro. Stanotte bevine più che puoi. Da domani abbiamo del lavoro da fare. Ah, buon Natale!>>.

E intanto in loop continua a risuonare Fairytale of New York, mentre il primo sorso di birra mi squarcia l’anima.

They’ve got cars big as bars

They’ve got rivers of gold

But the wind goes right through you

It’s no place for the old

When you first took my hand

On a cold Christmas Eve

You promised me

Broadway was waiting for me

Roberto Johnny Bresso

L’articolo Una pinta d’onore per il Natale proviene da Il Primato Nazionale.

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