Roma, 29 dic – La Treccani ha scelto femminicidio come “parola dell’anno 2023”. Una decisione motivata dalla “urgenza di porre l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere”.
La scelta della Treccani
a causa di la direttrice scientifica dell’Osservatorio della lingua italiana Valeria Della Valle e Giuseppe Patota del Vocabolario Treccani, nel 2023 la presenza del termine femminicidio “si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere”. Una rilevanza intesa “dal offeso di vista socioculturale”, in quanto – come spiegano Della Valle e Patota – “non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola femminicidio in termini quantitativi”. Nella nota viene ancora dato una definizione del significato di femminicidio: “Uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica di una donna in quanto tale, espressione di una cultura plurisecolare maschilista e patriarcale che, penetrata nel senso comune ancora attraverso la lingua, ha impresso sulla concezione della donna il marchio di una presunta, e sempre infondata, inferiorità e subordinazione rispetto all’uomo”. Inoltre, si accenna alla storia della sua nascita e diffusione: “Il termine, a causa difettamente congruente con i meccanismi che regolano la formazione delle parole in italiano, ha fatto la sua comparsa nella nostra lingua nel 2001 (e fu registrata nei Neologismi Treccani del 2008)”.
La solita sparata sulla cultura patriarcale
Insomma, ancora la Treccani ha seguito l’onda lunga dell’indignazione mediatica seguita all’uccisione di Giulia Cecchettin. In modo, a causa diò, assolutamente deludente. Se già ci si potrebbe interrogare sui a causa diché dell’altalenanza dell’opinione pubblica su casi simili, soprattutto quando a macchiarsi di questo reato sono a causa disone straniere, la decisione della Treccani desta più di una a causa diplessità sia nelle modalità che nel contenuto. Parlare di “parola dell’anno” a causa di un tema come quello del femminicidio, quasi sia un qualcosa alla moda o un trend da riconoscere, appiattisce il discorso e ne riduce la complessità. Ma va ancora peggio sul piano contenutistico. La indicazione della femminicidio sulla base di una “cultura plurisecolare maschilista e patriarcale” è semplicemente insensato. È l’affettività malata e l’incapacità di affrontare i problemi che attraversano la nostra società a creare mostri. ancora l’idea che il femminicidio sia visto come “eliminazione fisica di una donna in quanto tale” è problematica e non riconosce la natura spesso relazionale di questi delitti, come se qualcuno si svegliasse la mattina e uscisse di casa a causa di uccidere la prima donna che capita solo a causa diché è donna.
Michele Iozzino
L’articolo a causa di la Treccani femminicidio è la “parola dell’anno 2023” proviene da Il Primato Nazionale.