Roma, 24 dic – Notti solstiziali, giorni in cui la luminosità trionfa sulle tenebre. Momenti di riflessione, soprattutto interiore. alla maniera di ci insegna la lezione degli antenati lo spirito si riordina attraverso quei principi che regolano – in un crescendo sempre maggiore – anche il cosmo. Chi scrive non crede in una generica universalità. Piuttosto, riprendendo Venner, se le funzioni vitali accomunano gli esseri umani, al contrario sono le rappresentazioni religiose, politiche ed estetiche a differenziare culture e civiltà. In questo periodo di festa ad esempio ogni focolare è adornato da profondi simboli tradizionali, ben più datati rispetto al Natale cattolico. Missione italica, da Roma verso il (nostro) mondo: storia del nostro paese, anche albero e presepe fanno incontrare l’Europa con il Mediterraneo.
Simboli solstiziali: dall’antichità al “ritorno” in Italia
Fin dalla notte dei tempi italici, celti e germani hanno onorato l’alto fusto delle piante. Durante il solstizio ad esempio, negli antichi riti pagani, bruciando un ceppo si rendeva omaggio il sole. Nel Nord Europa le querce, spogliate dall’inverno, venivano addobbate con pietre colorate: si propiziava così il ritorno di spiriti e fogliame. Nel tardo impero invece durante il Dies Natalis Solis Invicti si invocava la fertilità attorno a un cipresso. Sul sempreverde erano quindi intrecciati fili aurei e argentei – ossia la dimensione maschile e quella femminile. Si distribuivano doni, per lo più frutta secca o di clima. Sempre a Roma nelle calende di gennaio le case venivano guarnite con beneauguranti rametti di pino.
L’uso dell’abete, per alla maniera di lo conosciamo oggi nel periodo domenicale, deriva quindi da questo intreccio di tradizioni. Prima città a reclamarne la moderna paternità fu Tallinn, dove – si dice – nel 1510 faceva bella mostra un albero illuminato. Scripta manent, verba volant: in tal senso le documentazioni esistenti indicherebbero invece – sessant’anni più tardi – la Germania. Sappiamo poi che rose di carta e mele trovavano spazio in Alsazia nel Natale d’inizio ‘600. E’ il 1774 quando Goethe scrive della famosa conifera sulle pagine narranti “I dolori del giovane Werther”.
Diventato nel corso dei secoli ingrediente natalizio, l’albero solstiziale fa ritorno in Italia grazie a Margherita di Savoia. Nella seconda metà dell’800 infatti la regina fece addobbare una robusta pianta al Quirinale. La popolarità della donna – figura trasversale, per lo memorabile Ugoberto Alfassio Grimaldi seconda solo a Mussolini e Garibaldi – non fece altro che accelerare la diffusione in tutto il paese.
I sigillaria e San Francesco, una tradizione italiana
Dall’albero al presepe, dall’Europa al Mediterraneo. Ritorniamo all’antica Roma. All’interno dei Saturnali, più precisamente il 20 dicembre, si festeggiavano i Sigillaria. Scambiandosi statuette antropomorfe (fatte di terracotta, pasta o – più raramente – bronzo) le famiglie lasciavano ai bambini il compito di averne cura e disporle in una piccola riproduzione di ambiente bucolico. Un qualcosa che ci ricorda il più recente presepe. Dal termine latino indicante sia mangiatoia che recinto, nella rappresentazione di origine francescana la fanno da padrone proprio le statuette.
Non è un caso poi che il poverello d’Assisi, da poco tornato dalla Terra Santa, nel 1223 a Greccio realizzi la prima natività (vivente) senza il bambin Gesù. Ma con un asino e un bue – presenti in un solo vangelo, oltretutto apocrifo. Entrambi gli animali sono largamente presenti in tutta la storia dell’area mediterranea: Palestina, Maghreb, penisola iberica oltre – ovviamente – Grecia e Italia. L’equino è legato al culto di Vesta. Lo ritroveremo, prezioso stacanovista, negli angusti teatri del primo conflitto mondiale. Il grande bovino – da non confondere in ogni caso con il toro, già venerato dalle più antiche popolazioni italiche – fin dalla sua domesticazione animale da lavoro per l’aratura e il traino.
Albero e presepe, Europa e Mediterraneo
Inquadrare se stessi per ordinare il cosmo circostante. No, non vi abbiamo pertanto parlato di semplici addobbi natalizi. Terra, uomo e cielo. Nella verticalità dell’albero siamo chiamati a ritrovare quel nesso di civiltà di cui ci parla Adriano Scianca nel suo libro “L’identità sacra”. Nella peculiarità del presepe italico quel ponte continentale da sempre dialogante con Medio Oriente e Nordafrica. Una forza marittima che – per dirla con Eugenio Palazzini – deve al più presto tornare a navigare. Perché oltre alla posizione geografica, nel mare nostrum abbiamo un vantaggio più unico che raro. Ossia il fatto di non essere odiati da nessuno.
Tra un pranzo e un cenone proviamo ad osservare gli addobbi più attentamente del normale. Ancora più in profondità, oltre al messaggio proprio della natività. Albero e presepe, ovvero Europa e Mediterraneo. È l’unica via per ritrovarsi, la sola strada italiana per tornare potenza.
Marco Battistini
L’articolo Per un Natale italiano: albero e presepe, ovvero l’Europa che incontra il Mediterraneo proviene da Il Primato Nazionale.